“Un inventario della luce” di Paolo Polvani
prefazione a cura di Carmelo Consoli
La poesia di Paolo Polvani in questa raccolta ci appare come una approfondita e continua indagine su immagini, emozioni, orizzonti vasti e minuscoli ; un'attenzione a cogliere i moti o le immobilità nel loro dispiegarsi dettata da una intima esigenza di addentrarsi in una luce chiarificatrice che riveli i significati dell'esistenza e le esigenze d'amore.
Luce intesa non solo come ricerca di espressione conclamata di luminosità terrestri, in cui immergersi profondamente ma anche come risposta alle proprie domande esistenziali , alle irrisolte questioni sentimentali, allo scorrere del tempo attraverso i solchi lasciati nel corpo e nell'anima.
Fare luce insomma come atto di rivelazione attraverso un percorso di stupori, abbandoni, storie sofferte e situazioni magicamente sospese nel tempo.
E Polvani trova chiarezze, con la sua poesia rarefatta, raffinata e di estrema sintesi.
Questa silloge si presenta come il contenitore di una esistenza che non si ferma alla trama di un vissuto, nell'ansia e nelle stupore rivelatore di ogni minimo dettaglio, ma che va in un“oltre“ con un'estensione perpetua attraverso un'azione di cristallizzazione della dinamicità, come se il moto della vita continuasse al punto in cui termina nel suo atto finale.
Attraversa la raccolta un velo di contenuta emozione, una parola che non si concede mai a rappresentazioni entusiastiche né di drammaticità dolorose che tuttavia è perennemente in movimento nella rappresentazione delle immagini e dei fenomeni naturali nelle loro espressioni e fragranze.
Si è parlato di contenitore di immagini che l'autore sfoglia nella loro veste cromatica e nel loro contenuto vitale.
Fotogrammi di interni o esterni, scatti su orizzonti mobili o immobili, situazioni ed emozioni vissute nell'istante poetico descrittivo o affidate ai ricordi, descrizioni di vasti confini oppure di reconditi, minuti ambienti, dettagli apparentemente insignificanti.
La verità è che in fondo qualsiasi orizzonte attraversi lo sguardo di Polvani viene catturato da lui con stupore e incantata semplicità e serve come pretesto per uno scavo esistenziale che coinvolga sempre l'uomo e gli elementi che lo circondano.
Tutto nel suo dettato poetico si anima perfino l'interno di un frigo o gli spazi abitati di una armadio, il dondolio di un paio di calze al vento, l' interno di appartamento vuoto e perfino il silenzio ed è questo il segno, la conferma di una ricerca di chiarezza oltre ogni limite che illumini le questioni lasciate in sospeso, i lati oscuri della vita nel tentativo di dare un senso alla propria e altrui esistenza.
L'autore, abile ed esperto poeta, usa sapientemente la sua parola e si affida a molteplici forme poetiche tra cui quelle del dialogo, del
racconto, dell'interpretazione personale, delle domande ; da del tu ai protagonisti dipingendo aloni di calda familiarità, ma sa anche essere spettatore stupefatto di avvenimenti urbani ed extraurbani siano essi accadimenti di strade o di treni, metropolitane, campagne, marine o legati ai fenomeni del tempo come la pioggia, la nebbia, le albe.
Non mancano certamente figure di donne nella sua poetica, anzi se ne avverte una dolce e sensuale preminenza, diffusamente malinconica a cui egli da corpo e anima, spesso attraverso la presenza della loro voce, come neppure mancano gli amori e gli affetti nella loro irreparabile perdita nella figura del padre o dell'amico Pino.
Una delle sue migliori capacità poetiche consiste nell'animare i suoi scenari partendo da particolari di secondo piano ma capaci di dare movimento e trame per la poesia come biciclette, oggetti di casa e persino una panca, la presenza dell'origano e così via ; immagini che aprono a profondità di tematiche e ad ampie trasmutazioni liriche.
Come anche sa egli con maestria amalgamare interni ed esterni allargando o restringendo gli obbiettivi, le luci, gli odori.
Ed è questa un'accorta regia di chi sa cogliere le immagini e filmarle.
“Un inventario della luce” diviene alla fine resoconto, diario esistenziale, in cui è facile per il lettore essere coinvolto e specchiarsi in una comune avventura e dove le luminosità, talora in chiaro-scuri, talora in forti cromie, segnano tappe quotidiane ed esistenziali a cui richiamarsi per imboccare gratificanti percorsi memoriali e di rivelazione.
A volte l'enfasi verso la luce si fa più pressante in poesie come “ Il confine del vento” , “ Si chiama azzurro”, oppure in “Il paesaggio della tua voce”, “ Castel Del Monte” ;in altre più spesso si assiste ad una ricerca metodica e sofferta di luminosità, che si
affida ai dettagli e che sgorga quasi all'improvviso.
La lirica del poeta si affida in toto alla musicalità, alla stupefazione del momento, all'esercizio dell'equilibrio magico delle cose, dei comportamenti, dei fenomeni.
E di equilibri è egli stesso a darci una magistrale prove con la sua lirica omonima, ma in tutte le sue note comunque si avverte una propensione ad un uso accorto e cadenzato del verso e tutto si muove in una sobrietà diffusa di luce.
In fondo la sua poesia è una continua richiesta d'amore come estrema necessità interiore di capire e giustificare la vita e per questo egli dipinge immagini che hanno una malinconia di fondo, un dolce abbandono e niente sfugge al suo occhio scrutatore dalle strade provinciali, ai tram, gli argini, ai fiumi, ai vagoni, alle sonate Mozartiane di una bruna pianista, arrivando persino a insinuarsi nelle voci e tra i respiri.
Non si approda in questa poetica né ad un punto di arrivo finale nelle risposte e nelle giustificazioni né ad una rinascita a nuova vita ma si assiste alla scorrere del tempo, fissato ed eternato nel suo manifestarsi.
Meritano plauso nella poesia dell'autore la meraviglia della sintesi descrittiva, la cadenza musicale, la leggerezza della parola in grado sempre di accostarsi alla quotidianità del lettore, la capacità di saper dare ai dettagli anche minimi animosità e vita ed infine, l'ampio respiro dei paesaggi e delle loro fenomenologie, la descrizione dei moti e di tutte le fragranze emanate in un continuo tendere alla luce e alle sonorità.
Insomma una commozione quella di Polvani al tempo stesso ferma, misurata affidata ad una incessante indagine speculativa e mobile nella sua tensione descrittiva che mai ripiega su sterili sentimentalismi ma che è sempre fonte di sinceri stupori, disincanti, interrogativi, pronta a cantare la vicenda umana, a fissarla nello scatto più prezioso, nella sua luce più autentica.
Carmelo Consoli
prefazione a cura di Carmelo Consoli
La poesia di Paolo Polvani in questa raccolta ci appare come una approfondita e continua indagine su immagini, emozioni, orizzonti vasti e minuscoli ; un'attenzione a cogliere i moti o le immobilità nel loro dispiegarsi dettata da una intima esigenza di addentrarsi in una luce chiarificatrice che riveli i significati dell'esistenza e le esigenze d'amore.
Luce intesa non solo come ricerca di espressione conclamata di luminosità terrestri, in cui immergersi profondamente ma anche come risposta alle proprie domande esistenziali , alle irrisolte questioni sentimentali, allo scorrere del tempo attraverso i solchi lasciati nel corpo e nell'anima.
Fare luce insomma come atto di rivelazione attraverso un percorso di stupori, abbandoni, storie sofferte e situazioni magicamente sospese nel tempo.
E Polvani trova chiarezze, con la sua poesia rarefatta, raffinata e di estrema sintesi.
Questa silloge si presenta come il contenitore di una esistenza che non si ferma alla trama di un vissuto, nell'ansia e nelle stupore rivelatore di ogni minimo dettaglio, ma che va in un“oltre“ con un'estensione perpetua attraverso un'azione di cristallizzazione della dinamicità, come se il moto della vita continuasse al punto in cui termina nel suo atto finale.
Attraversa la raccolta un velo di contenuta emozione, una parola che non si concede mai a rappresentazioni entusiastiche né di drammaticità dolorose che tuttavia è perennemente in movimento nella rappresentazione delle immagini e dei fenomeni naturali nelle loro espressioni e fragranze.
Si è parlato di contenitore di immagini che l'autore sfoglia nella loro veste cromatica e nel loro contenuto vitale.
Fotogrammi di interni o esterni, scatti su orizzonti mobili o immobili, situazioni ed emozioni vissute nell'istante poetico descrittivo o affidate ai ricordi, descrizioni di vasti confini oppure di reconditi, minuti ambienti, dettagli apparentemente insignificanti.
La verità è che in fondo qualsiasi orizzonte attraversi lo sguardo di Polvani viene catturato da lui con stupore e incantata semplicità e serve come pretesto per uno scavo esistenziale che coinvolga sempre l'uomo e gli elementi che lo circondano.
Tutto nel suo dettato poetico si anima perfino l'interno di un frigo o gli spazi abitati di una armadio, il dondolio di un paio di calze al vento, l' interno di appartamento vuoto e perfino il silenzio ed è questo il segno, la conferma di una ricerca di chiarezza oltre ogni limite che illumini le questioni lasciate in sospeso, i lati oscuri della vita nel tentativo di dare un senso alla propria e altrui esistenza.
L'autore, abile ed esperto poeta, usa sapientemente la sua parola e si affida a molteplici forme poetiche tra cui quelle del dialogo, del
racconto, dell'interpretazione personale, delle domande ; da del tu ai protagonisti dipingendo aloni di calda familiarità, ma sa anche essere spettatore stupefatto di avvenimenti urbani ed extraurbani siano essi accadimenti di strade o di treni, metropolitane, campagne, marine o legati ai fenomeni del tempo come la pioggia, la nebbia, le albe.
Non mancano certamente figure di donne nella sua poetica, anzi se ne avverte una dolce e sensuale preminenza, diffusamente malinconica a cui egli da corpo e anima, spesso attraverso la presenza della loro voce, come neppure mancano gli amori e gli affetti nella loro irreparabile perdita nella figura del padre o dell'amico Pino.
Una delle sue migliori capacità poetiche consiste nell'animare i suoi scenari partendo da particolari di secondo piano ma capaci di dare movimento e trame per la poesia come biciclette, oggetti di casa e persino una panca, la presenza dell'origano e così via ; immagini che aprono a profondità di tematiche e ad ampie trasmutazioni liriche.
Come anche sa egli con maestria amalgamare interni ed esterni allargando o restringendo gli obbiettivi, le luci, gli odori.
Ed è questa un'accorta regia di chi sa cogliere le immagini e filmarle.
“Un inventario della luce” diviene alla fine resoconto, diario esistenziale, in cui è facile per il lettore essere coinvolto e specchiarsi in una comune avventura e dove le luminosità, talora in chiaro-scuri, talora in forti cromie, segnano tappe quotidiane ed esistenziali a cui richiamarsi per imboccare gratificanti percorsi memoriali e di rivelazione.
A volte l'enfasi verso la luce si fa più pressante in poesie come “ Il confine del vento” , “ Si chiama azzurro”, oppure in “Il paesaggio della tua voce”, “ Castel Del Monte” ;in altre più spesso si assiste ad una ricerca metodica e sofferta di luminosità, che si
affida ai dettagli e che sgorga quasi all'improvviso.
La lirica del poeta si affida in toto alla musicalità, alla stupefazione del momento, all'esercizio dell'equilibrio magico delle cose, dei comportamenti, dei fenomeni.
E di equilibri è egli stesso a darci una magistrale prove con la sua lirica omonima, ma in tutte le sue note comunque si avverte una propensione ad un uso accorto e cadenzato del verso e tutto si muove in una sobrietà diffusa di luce.
In fondo la sua poesia è una continua richiesta d'amore come estrema necessità interiore di capire e giustificare la vita e per questo egli dipinge immagini che hanno una malinconia di fondo, un dolce abbandono e niente sfugge al suo occhio scrutatore dalle strade provinciali, ai tram, gli argini, ai fiumi, ai vagoni, alle sonate Mozartiane di una bruna pianista, arrivando persino a insinuarsi nelle voci e tra i respiri.
Non si approda in questa poetica né ad un punto di arrivo finale nelle risposte e nelle giustificazioni né ad una rinascita a nuova vita ma si assiste alla scorrere del tempo, fissato ed eternato nel suo manifestarsi.
Meritano plauso nella poesia dell'autore la meraviglia della sintesi descrittiva, la cadenza musicale, la leggerezza della parola in grado sempre di accostarsi alla quotidianità del lettore, la capacità di saper dare ai dettagli anche minimi animosità e vita ed infine, l'ampio respiro dei paesaggi e delle loro fenomenologie, la descrizione dei moti e di tutte le fragranze emanate in un continuo tendere alla luce e alle sonorità.
Insomma una commozione quella di Polvani al tempo stesso ferma, misurata affidata ad una incessante indagine speculativa e mobile nella sua tensione descrittiva che mai ripiega su sterili sentimentalismi ma che è sempre fonte di sinceri stupori, disincanti, interrogativi, pronta a cantare la vicenda umana, a fissarla nello scatto più prezioso, nella sua luce più autentica.
Carmelo Consoli