Dal volume " L'ape e il calabrone"
postfazione di Lia Bronzi ( dalla quarta di copertina) La raccolta L'ape e il calabrone di Carmelo Consoli è autobiografica e si presenta in forma poematica e narrativa, al culmine della maturità umana ed espressiva dell'autore, oltre che dopo l'evento drammatico che ne ha segnato la vita, per la prematura morte dell'adorata moglie Franca, realizzando un canto profondissimo che fluisce con lirica compostezza. L'opera ha un'architettura precisa legata ai tempi e alla dimensione straziante degli accadimenti che racconta, ed è divisa in due parti ciascuna delle quali a sua volta è divisa in significative sezioni, tutte tappe di un viaggio d'amore, di dolore e di morte, ed è arricchita al contempo da una fiaba, nell'intermezzo, dal titolo " La storia di Zoe e Nerosole", due insetti che si sono amati teneramente dando vita ad una tenera creatura dal nome Stellina. Modo per esorcizzare il doloroso svolgersi di una trama concreta e reale che nell'arco di un mese trova il proprio epilogo nella figura straniante della morte. L'ape e il calabrone ci fa pensare al "Llanto per Igancio Sanchez Mejias" che il grandissimo Lorca compose nel 1935 e meglio conosciuto come " A las cincos de la tarde" che ne è il reiterato refrain, specialmente nelle sezioni: " Piano, pianissimo, senza respiro" e "La morte", poichè il canto diviene rito solenne celebrato nel profondo sentimento di religiosità, quasi una pietra focaia che brucia nel cuore, la cui melodia, sale in senso verticale, senza perdersi in orizzontale, poichè la mente del poeta è nutrita dalla fede, che sa dare speranza. |